Perché non si tratta di un tempo sprecato o sospeso…ma di un tempo vissuto.
Molti sono i giovani, direi anche gli adulti, che ritengono l’ultimo anno, caratterizzato dall’emergenza sanitaria, come un anno da buttare.
In questo articolo non è mia intenzione fare considerazioni sui “risvolti positivi” della pandemia.
Vorrei invece riflettere un po’ sulla condizione dei più giovani, gli adolescenti.
Credo che questa fascia di età sia molto trascurata, direi dimenticata, anche in questo momento difficile e questo ha motivato il mio interesse a parlarne come molti altri per fortuna stanno facendo.
Le aspettative e le pretese sui più giovani sono sempre tante dando in cambio il nulla; nessuna considerazione su cosa vivono, come vivono, cosa ne pensano, che opinioni hanno circa le innumerevoli sfaccettature della pandemia. Di certo sono stati caricati di colpe come maggiori responsabili dei contagi. E pensare che è su di loro che dovremmo investire noi “grandi”…se vogliamo che il mondo vada avanti e le società migliorino. Inoltre l’adolescenza è quasi “tabù” per la maggior parte degli adulti, un mondo che continua a essere presentato attraverso stereotipi come pieno di enigmi, ambivalenze, trasformazioni ecc. e quindi viene un po’ messo a distanza tanto risulta incomprensibile ai nostri occhi. Eppure noi adulti siamo necessariamente passati attraverso quegli anni. Che la fase sia delicata è certo come è certo che a minare questa delicatezza siano sopraggiunte l’incertezza, la stanchezza, le preoccupazioni che il covid-19 ha portato con sé.
Mi sembra rilevante che si sia sempre parlato di emergenza sanitaria e non di emergenza psicologica. Eppure abbiamo dati consistenti circa l’aumento dell’ansia e della depressione così come degli atti auto-lesionistici e dei tentativi di suicidio tra i giovani (in particolare nella fascia di età dai 12 ai 18 anni). Non meno allarmante il fenomeno della dispersione scolastica.
I ragazzi continuano a essere trascurati e proprio loro riportano un sentimento di esclusione dalle decisioni che li riguardano. Tra le cose che leggevo trovo molto triste e preoccupante la perdita di fiducia che molti giovani riportano nei confronti degli organi istituzionali e ancor più grave la perdita di fiducia nella capacità dell’adulto di gestire la situazione, spesso all’interno della propria famiglia. Mi preoccupano molto i dati circa la dispersione scolastica pensando a come spesso il riscatto sociale e la speranza di strade diverse nella propria vita passi proprio attraverso il percorso scolastico.
L’emergenza covid-19 ha costretto i ragazzi a fermarsi in una fase del loro ciclo vitale che necessariamente include l’”esterno” e questo è fatto di relazioni, esplorazione, contatti ma anche abitudini che permettono di sentirsi un po’ più sicuri e contenuti nel caos che vivono. L’esterno diventa però pericoloso. Non intendo parlare dei pro e dei contro della didattica a distanza; voglio sottolineare un unico aspetto fondamentale: la scuola non è solo luogo di apprendimento dove gli studenti sono contenitori di saperi ma soprattutto luogo di incontro e scambio. L’incontro e lo scambio hanno anche contenuti emotivi e la funzione di placare paure, angosce profonde, incertezze che se condivise possono trovare eco e attutire il senso di solitudine. Se l’adolescente sta costruendo la sua identità pezzetto dopo pezzetto, immaginiamo come è importante e salvifico trovare rispecchiamento, accettazione, condivisione. Quando viene a mancare la socializzazione il pericolo può essere costituito dai vissuti di passività e noia.
Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria Infantile dell’ospedale “Bambino Gesù” di Roma, ci ricorda come in adolescenza si parla poco con mamma e papà mentre si parla molto con i coetanei e questo aiuta i ragazzi a diventare persone autonome e sicure in se stesse.
La pandemia (argomenta Vicari) ha provocato e provoca paura e stress molto legati a come vivono i genitori in primis tutto questo; inoltre ha significato un isolamento, e il non avere un confronto con i pari porta i ragazzi a non avere una sorta di mediazione rispetto alle loro pulsioni e ai loro pensieri. E il rischio della noia conseguente all’isolamento è quello di rinforzare pensieri e circuiti viziosi e facilitare l’umore depresso.
Con la pandemia inoltre sono venuti a mancare tutti quegli agenti educativi che in genere costellano la vita dei ragazzi: pensiamo agli insegnanti che continuano a esserci con la didattica a distanza ma sono inevitabilmente assenti quegli scambi emotivi che potevano realizzarsi in presenza per esempio al termine di una lezione, all’intervallo ecc. Parlo poi di tutte le altre figure quali istruttori, educatori, parroci ecc. lasciando così il compito educativo nelle mani del solo genitore. Se questo da una parte è molto buono perché ricorda ai genitori di occuparsi di tenere le fila della crescita dei propri figli, da un’altra parte può essere molto difficile e delicato. Spesso i genitori vivono con grande allarme questa responsabilità e sono lasciati soli oltre al fatto che tutti i vissuti angoscianti dei loro figli si sommano ai propri. Anche se l’adolescenza vuole l’allontanamento dalle figure genitoriali alla ricerca della propria identità, in questo momento, le stesse diventano un supporto fondamentale tenuto a reggere le varie emotività, a mettersi nei panni dei propri figli e riconoscere i sacrifici che hanno fatto e che fanno. E’ sempre più necessario sapere che anche quando questi giovani sembrano assenti e non comunicativi, non è affatto così e occorre trovare la chiave comunicativa e relazionale affinché possano parlarci e chiedere aiuto! Occorre costruire per loro e con loro, momento per momento, una nuova quotidianità che dia quel margine di sicurezze e speranze nel futuro.
Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva e scrittore di numerosi libri su adolescenza e pre-adolescenza sottolinea come sia necessario che questi ragazzi escano dall’invisibilità!!!
Io voglio sottolineare come sia necessario incontrare questi ragazzi come istituzioni, azioni politico-sociali, come genitori ed educatori vari, incontrarli e costruire con loro questo nuovo tempo che non è tempo perduto ma è la realtà che viviamo.